La trasformazione del mondo arabo continua a correre verso l'ignoto, ma ormai appare un processo epocale inarrestabile, una rivoluzione politica e culturale insieme dai caratteri inediti e che unisce forme e modi dei movimenti del '68 alla rivoluzione francese. Fino ad oggi il tentativo di cambiare radicalmente le società arabe, se si guarda ai veri e propri cambi di potere, ha avuto pochi effetti sostanziali, a parte il Libia (dove però il successo dei ribelli si deve all'appoggio militare della NATO). Tuttavia i cambiamenti culturali sembrano anticipare una trasformazione politica che oggi sembra ormai inevitabile.
Questa volta la notizia è che re Abdullah ha annullato la condanna della donna che avevo osato infrangere il divieto di guida. Può apparire un fatto di poco conto rispetto ad interi paesi in rivolta, ma se si unisce questa notizia a quella di qualche giorno fa relativa all'introduzione, sempre in Arabia Saudita, della possibilità per le donne di votare e di essere elette per la Shura, si denotano i confini di una vera e propria ondata di riforme in uno dei paesi più conservatori del mondo arabo. Le spinte al cambiamento appaino talmente forti da indurre anche regimi solidi e, almeno per ora, apparentemente inscalfibili a dover concedere apertura riformiste. Se queste riforme si tramuteranno in una vera rivoluzione, solo il tempo potrà dircelo. Quello che però appare sempre più evidente è che il vento di riforme partito dalla Tunisia e dall'Egitto non ha frontiere e per ora sembra inarrestabile. Una primavera dei popoli arabi innimaginabile solo l'anno scorso, le cui conseguenze utlime per ora sono ancora imprevedibili ma di cui si iniziano a vedere alcuni effetti. Ma questa è solo un'opinione, nulla di più, nulla di meno.
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